Etica e Consapevolezza


Nell'ultimo periodo, in seguito alle mie ultime vicessitudini ed esperienze professionali, mi sono interrogata spesso sul concetto di etica professionale, espressione ormai alquanto inflazionata, menzionata da molti professionisti, sbandierata da molte aziende e presente in numerosissime Carte dei Valori.
Il mio dubbio amletico derivava da alcune considerazioni molto elementari: se un'azienda e/o una singola persona dichiara di fare dell'etica personale un proprio valore imprescindibile, per poi scoprire invece che nella pratica quotidiana dimostra tutt'altro, ma allora... "che valore ha questo valore"? E chi può stabilire chi sia veramente etico da chi invece non lo è, ma lo dichiara soltanto? E ancora: se l'etica è così basilare per la vita professionale e non, come mai persone guidate da evidenti intenzioni poco etiche (nonostante il loro contrapposto intento dichiarato) continuano a raccogliere successi e risultati? Spesso anche maggiori di quelli che invece perseguono la via dell'onestà e dell'integrità?
Non riuscendo a trovare una risposta "razionale" soddisfacente, la via più semplice per me era liquidare il tutto con un retropensiero semplicistico, del tipo "alla fine l'ingiustizia vince su tutto".
Ma in questi giorni una breve chiacchierata con un mio collega e amico mi ha aperto un punto di vista sicuramente non nuovissimo, ma che mai in questo momento secondo me è autentico, attuale e realistico. E in quanto tale in grado di far riflettere su tante cose da una prospettiva molto più ampia.

Il pensiero esposto dal mio amico è semplicissimo: l'etica è una percezione soggettiva, non oggettiva. Laddove diventa oggettiva e necessita dell'intervento esterno per regolare le cose, lì subentra la giustizia. Ma non ha niente a che fare con l'etica.
Essendo soggettiva, non tutti siamo dotati dello stesso grado di percezione. In altre parole, non tutti siamo consapevoli di ciò che di etico o non etico stiamo mettendo in campo.
E soltanto chi ha una elevata percezione di sè e della propria etica, subisce le reali e dannose conseguenze delle proprie azioni. Mentre chi ha una bassa percezione di sè e della propria etica invece, paradossalmente "la passa liscia", con se stesso e con il mondo circostante. Proprio perchè è ignaro e inconsapevole.
Per essere più chiara farò un piccolo esempio: io potrei sostenere di essere una persona molto corretta nei confronti dei clienti, che per me sono innazitutto degli amici. Di essere guidata da una correttezza estrema, perchè per me il cliente è il fulcro primario del mio lavoro.
Maggiore sarà la consapevolezza e la percezione reale di questo mio valore, più gli errori che commetterò nei confronti dei miei clienti andranno a ledere la mia coscienza. E di conseguenza creando degli effetti nefasti sulla mia efficienza, sulla mia autostima e quindi sui miei risultati.
Più basso sarà invece il mio grado di percezione e di consapevolezza, minori saranno gli effetti dei miei errori.
Se per esempio il mio grado di consapevolezza dovesse essere molto basso, io potrei trattare il mio cliente semplicemente come "una mucca da mungere" (mmm....questa espressione mi ricorda qualcosa!!!), e non sentirmi per niente colpevole di ciò, perchè semplicmente non me ne renderei conto. E non rendendomene conto, non vivrò sensazioni quali senso di colpa, ansia, inquietudine, insicurezze, malessere ecc. ecc.
Sensazioni che proverei invece in pieno (consciamente o incosciamente) nel caso di elevata consapevolezza. E ovviamente in uno stato d'animo del genere, le mie performance ne risentirebbero notevolemente (magari non nell'immediato, ma alla lunga di sicuro).
Ecco spiegato il motivo per cui sul mercato i professionsiti più spietati e cinici sembrano avere la meglio.

A questo punto una domanda potrebbe sorgere spontanea: siamo sicuri che la via della consapevolezza sia poi così utile da perseguire? Non sarebbe meglio vivere nella "beata ignoranza"?
Ma non c'è una sola risposta a questa domanda: ognuno può trovarla solo in se stesso, all'interno del bagaglio dei propri valori e soltanto sulla base del proprio grado di percezione di sè.
Aldilà quindi delle risposte soggettive che ognuno di noi potrebbe darsi, io sono fermamente convinta di una cosa: la via della consapevolezza non è per niente utile, e di certo non è neanche la più facile, perchè anzichè preservarti da fatiche, delusioni, batoste e cadute, è proprio la via che ti consegna ad esse più frequentemente. E non perchè si è più pii e più devoti al sacrificio, ma semplicemente perchè si è più pronti per vedere, affrontare e confrontare.
Nessun vantaggio particolare quindi, ma maggiori difficoltà.
Nonostante questo, io ogni giorno cerco di salire un gradino in più sulla mia personale scala di percezione e di valori. E con questo non voglio dire che sia ad oggi più o meno virtuosa di chiunque altro, non spetta a me dirlo o giudicarlo.
Ma una cosa è certa: se mi guardo intorno, nel mio mondo personale e professionale mi vedo circondata nella maggior parte dei casi da persone pure, che guardano il mondo con gli occhi di bambini ingenui e speranzosi. E questo per me è uno specchio del fatto che la mia scalata forse sarà ancora solo all'inizio, ma in qualche modo sta procedendo nella direzione giusta. Perchè le persone di cui ci circondiamo sono un ottimo specchio per capire il nostro grado di Consapevolezza.

Mi auguro di cuore che anche tu che stai leggendo stia facendo la scalata giusta per te stesso. E per capirlo, basta guardarti attorno!

P.S. grazie Sandro per lo spunto di riflessione!

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