Ultimamente ho avuto poco tempo da dedicare alla cure del Blog, perché assorbita totalmente da un’attività bellissima, ma che richiede
estrema cura, estreme energie ed estremo impegno: la ricerca e la selezione del
personale, come supporto agli imprenditori che seguo dal punto di vista
consulenziale.
Era da molto che non me ne occupavo, ben consapevole del
fatto che, se da un lato è un’attività bellissima che consente di offrire
opportunità di guadagno e quindi di vita a tante persone, dall’altro lato rappresenta
una fonte di demotivazione notevole. Si, hai letto bene: fonte di
demotivazione. Perché è davvero demotivante cercare di offrire un’opportunità
lavorativa e ricevere (da parte di una buona percentuale di candidati) un
atteggiamento presuntuoso, diffidente, superficiale, svogliato, ecc ecc ecc. Così
come è altamente demotivante riscontrare che molte persone che cercano lavoro
credono che ad essere selezionate siano solo le loro competenze tecniche, ma
ignorano completamente l’importanza delle loro competenze relazionali.
Ed è proprio delle competenze relazionali quello di cui vi
voglio parlare oggi: qualunque tipo di lavoro tu stia cercando (come barista,
come venditore, come amministrativa, come magazziniere, come responsabile produzione
o come fisico nucleare), devi essere consapevole che quello che sai e quello
che sai fare è si necessario, ma OGGI non più sufficiente. Oggi infatti gli
imprenditori “illuminati” (e ti auguro di lavorare con loro perché saranno gli
unici a garantirti un futuro roseo) osservano molto di più le tue attitudini
relazionali: come comunichi, come ti poni con gli altri, che umore hai nella
maggior parte dei casi , come gestisci le difficoltà, come gestisci lo stress,
e che tipo di cultura lavorativa hai.
Queste caratteristiche diventano sempre più fondamentali
semplicemente perché difficilmente si possono insegnare all’interno di un’azienda.
Mentre le competenze tecniche si possono trasferire e formare, sulle competenze
relazionali è necessario che ti formi e ti migliori autonomamente e
costantemente.
Fatta questa doverosa premessa, ora suggerirò delle domande
da fare a colloquio a tutti coloro che si troveranno a selezionare un nuovo
collaboratore. Domande utili per valutare le competenze relazionali e l’atteggiamento
lavorativo. Ovviamente, se tu che leggi stai invece cercando un nuovo lavoro,
prova a rispondere a ciascuna domanda e se ti senti poco sicuro della tua
risposta, sai che quello è un punto su cui lavorare AUTONOMAMENTE, pena il
fallimento della tua ricerca.
- Parlami di un grosso errore da te
commesso nelle esperienze lavorative precedenti: cosa ti ha indotto a
commetterlo? (questa è una domanda fondamentale per capire se la
persona si prende la responsabilità dei propri errori o se invece la
scarica sugli altri o sugli agenti o eventi esterni. Se non gli viene in
mente nulla, alza le antenne: o ne ha commessi davvero tanti e non sa da
dove cominciare; o non rivede gli errori che commette; o è un gran
scansafatiche. Perché solo chi non lavora non commette errori)
- Cosa ti infastidisce di più nelle altre
persone? E come gestisci le persone quando queste caratteristiche vengono
fuori?
- Quale
aspetto tuo infastidisce di più gli altri? E come reagiscono?
- In che modo una persona può nuocere un gruppo? Ti è mai capitato? Come hai
reagito? (tutte le domande sopra elencate ti aiutano a capire la
percezione che la persona ha di se stesso e degli altri. In base a questo,
saprai anche come si relazionerà con i colleghi, con i responsabili, con i
clienti, ecc);
- Quando
un’azienda va male, che responsabilità ha un dipendente/collaboratore?
(ancora una volta, e in maniera ripetuta, metti alla prova la sua
PROATTIVITA’: se la persona cade dalle nuvole e non sa cosa risponderti, c’è
puzza di “mentalità sindacalista”, cioè “se le cose vanno bene è merito
dei dipendenti, se vanno male è colpa del PADRONE”; se si arrampica sugli
specchi, non si era mai posto questo tipo di domanda. E non comincerà
certo a farlo nella tua azienda);
- Cosa
pensi di aver imparato nella tua ultima esperienza lavorativa? (se la
persona ti parlerà solo di cose tecniche, tipo “ho imparato a usare il
muletto; ho imparato a utilizzare meglio excel, ecc”, significa che è
focalizzata solo sul fare e poco sul relazionarsi. E quindi potrebbe tendere a mettersi poco
in discussione su questo secondo aspetto. c'è perciò da indagare molto con ulteriori domande).
- Domanda
per i Venditori: se per 2 mesi di
fila le tue statistiche di vendita calano, che cosa fai? E dopo le sue
risposte, gli chiedi “e se non
dovesse bastare? E se non dovesse bastare? E se ancora non dovesse
bastare?” per 5 o 6 volte. (in questo modo, aldilà delle specifiche
risposte, osservi come reagisce sia dal punto di vista verbale che non
verbale quando qualcuno lo mette in difficoltà o sotto stress);
- “Mi
può elencare i i risultati che ha ottenuto nelle sue precedenti
esperienze lavorative?” (se la persona comincerà ad elencarti solo le azioni
fatte e non i risultati ottenuti attraverso quelle azioni, c’è una buona
probabilità che anche qui ci sia puzza di “mentalità sindacalista”, e cioè
“vengo pagato/a per andare a lavoro e per fare le cose, magari per fare
ciò che mi viene detto di fare”. E sappiamo quanto sia fallimentare per un
imprenditore avere tante persone così in azienda. Ma facciamo un esempio
semplice e concreto: supponiamo che tu abbia un ristorante e che stia
cercando un cameriere in gamba. A questa domanda un cameriere mediocre ti
risponderebbe “ho servito 100 tavoli a serata”, pensando che erroneamente
il suo lavoro sia “servire ai tavoli”. Un cameriere eccellente ti
risponderebbe “ho reso soddisfatti ed entusiasti 100 tavoli a serata,
vendendogli più piatti di quelli che avrebbero preso e senza nessun tipo
di lamentela in merito al servizio”. Io, una persona che mi risponde in
questo modo, la prenderei SUBITO, e per qualsiasi tipo di lavoro).
Queste ovviamente sono solo un antipasto delle domande da
fare, perché ovviamente mi è impossibile elencartele tutte. Qualora volessi
ricevere ulteriori approfondimenti è sufficiente scrivermi a
m.tarallo@all-winners.it e sarò lieta
di darti ulteriori indicazioni personalizzate in base alla figura o al lavoro
da te ricercato (tutto rigorosamente in omaggio).
Ma prima di lasciarti, ti fornisco un ulteriore
suggerimento: qualunque domanda tu ponga, non accontentarti della prima
risposta, che è sempre una risposta “sociale”. Tutte le volte cioè che poni una
domanda, il candidato si chiederà sempre “che risposta vuole ascoltare da me?” e
ti darà quella. Tu quindi rischi di fare un intero colloquio con un finto
candidato, e te ne accorgeresti solo dopo settimane o mesi che lo hai assunto.
Per evitare sorprese invece abbi il coraggio e la pazienza
di andare a fondo ad ogni risposta:
chiedi continuamente “in che senso, scusi?”, oppure “mi fa un esempio?”, o
ancora “può essere più specifico?”.
Nessuno riesce a recitare una parte tanto a
lungo, ma più o meno tutti riescono a farlo per pochi secondi/minuti, soprattutto
se non c’è qualcuno che cerca di andare oltre la maschere indossate.