In ambito di gestione di reti vendita (ma anche di gestione
di gruppi di lavoro in generale), è molto frequente chiedersi in che modo sia
giusto e corretto coinvolgere le persone.
Assodato che la produttività cresca nella misura in cui le
persone si sentono parte attiva di un progetto, di un obiettivo e di uno scopo
in comune, in che modo va applicato concretamente il coinvolgimento per far si
che sia realmente funzionale?
Dall’osservazione di tanti casi aziendali concreti, una
prospettiva interessante che esporrò oggi è quella dell’analisi degli errori da
non commettere, per evitare il rischio di insuccessi e di frustrazioni che possono
derivare dalla scarsa partecipazione, dalla passività o addirittura dal non
apprezzamento del coinvolgimento stesso da parte delle persone. Reazioni che
spesso possono indurre a desistere, a pensare che le persone non meritino quel
tipo di approccio da parte nostra o addirittura a pensare di essere sfortunati
ad avere nel proprio staff delle persone poco partecipi e propostive.
Vediamo quindi 5 dei principali errori da evitare:
1.
Applicare un “finto coinvolgimento”: è l’errore
più comune che ho visto fare. L’esempio lampante è quello dell’imprenditore che
ha una idea, già bella costruita, su una innovazione da portare sul mercato. E
che siccome sa che per farla “digerire” ai venditori (coloro che dovranno poi
effettivamente portare in giro la sua innovazione) è necessario coinvolgerli,
li convoca alla riunione. Magari chiedendo loro un parere sulla sua idea, ma
cercando poi di gestire le obiezioni che i venditori avanzano sulla sua idea,
invece di ascoltarli “realmente” e con “fiducia”. Questo genere di coinvolgimento
genera nelle persone due tipi di reazioni: la prima è frustrazione, la stessa
che si ha quando si parla con delle persone che ti chiedono dei consigli ma poi
cercano di convincerti che TUTTI i consigli che gli stai dando sono sbagliati, perché
in realtà da te cercavano soltanto una conferma alla loro certezza. E ti
contrastano finché non gliela offrirai (magari per sfinimento!). La seconda
reazione è che, ovviamente, dopo aver attuato questo approccio magari per una,
due o tre volte, ad un certo punto le persone arriveranno a reagire con
passività e rassegnazione ad ogni tuo tentativo di coinvolgimento. Metteranno
il pilota automatico, fingeranno di ascoltarti e di mostrarsi contenti di ogni
cosa tu proponga loro, perché sanno che in realtà è quello che tu veramente
vuoi. Per poi ovviamente lamentarti che li vedi poco partecipi e propositivi.
La frase che ascolto più spesso dagli imprenditori è infatti: “Le riunioni sono inutili, perché tanto sono sempre tutti d’accordo e nessuno
avanza proposte o idee”. Quando la reazione di TUTTI i tuoi collaboratori è questa,
c’è da porsi una grande domanda: in passato, o comunque fino ad ora, ho cercato
davvero di ascoltare e comprendere il loro punto di vista, oppure ho soltanto
cercato di imporre il mio?
2.
Coinvolgere “sul come” e non solo “sul cosa”:
coloro che riescono a non ricadere nell’errore nr 1, sovente lo fanno però in
questo secondo, molto più sottile, ma non per questo meno letale. Il
contributo che possono e devono dare le persone di un gruppo, per ruolo e per
capacità, deve riguardare esclusivamente il “contenuto” di una idea. Ma non
possono e non devono influenzare il leader del gruppo sulla “modalità di
esecuzione” di quella idea. La modalità solo il leader ha la capacità e la visione
imprenditoriale per deciderla, anche andando contro i ragionamenti standard
della maggior parte delle persone. Altrimenti si rischia che, per tener fede al
coinvolgimento e ai pareri espressi dalle persone, si applichino delle idee che
si dimostreranno fallimentari o che non avranno successo. Con una bella frustrazione
per tutti! Facciamo anche qui un esempio concreto, prendendo proprio il caso
delle riunioni aziendali. Mi capita di confrontarmi con imprenditori o
responsabili che mi dicono “ho chiesto ai miei collaboratori se ritengono utile fare una riunione di reparto a settimana, e mi hanno risposto di no, che
per loro è solo una perdita di tempo e che toglie solo energie all’operatività.
Quindi, non la facciamo”. Errore grossolano, perché poi ovviamente ti ritrovi a
dover gestire tu tanti piccoli errori operativi o tante inefficienze che,
attraverso le riunioni, puoi eliminare alla radice o addirittura
prevenire. Quello che in questo caso andrebbe chiesto ai tuoi collaboratori è “cosa
non dovrebbe mancare all’interno di una riunione? Che argomenti vorresti che
trattassimo?”. Quindi chiedere il loro parere sul COSA. Ma il come vanno
gestite le inefficienze operative e organizzative sei tu a deciderlo. Così come
dovrai essere tu a decidere come tenere la riunione in modo che sia non solo
produttiva ma anche piacevole, aggregante e bella da vivere. Questo piccolo
esempio può essere applicato a qualunque tipo di decisione: gli altri possono
aiutarti sul cosa, ma il come devi deciderlo tu sulla base della tua
esperienza, della tua osservazione della realtà, della tua sensibilità e della
conoscenza dei meccanismi relazionali che ci sono all'interno del tuo gruppo.
3.
Coinvolgere le persone sbagliate: diciamocelo
chiaramente, non tutte le persone sono uguali. Non tutte le persone vogliono
essere coinvolte. Ma soprattutto, non tutte le persone sono fatte per essere
coinvolte. Ci sono infatti quelli che vogliono vivere l’azienda (e a volte
anche la vita!) da “spettatori”, osservando ciò che accade intorno a sé e godendo
degli effetti di ciò che gli altri decidono anche per loro. Sono fatti così, e
non li potrai di certo cambiare tu. Quello che puoi cambiare è la loro modalità
di gestione: smettila di rompergli le scatole e di pretendere da loro che
diventino degli attori protagonisti. Ne troverà giovamento anche il tuo fegato!
E poi ci sono quelli che pretendono di essere coinvolti perché godono nel
contrastare le iniziative. Oppure perché traggono energia risucchiandola agli
altri, e lo fanno cercando di convincerti che quello che vuoi fare tu non andrà
mai bene, sarà un fallimento, perché ha tante falle, ci sono tanti ostacoli, perché
il mondo è in crisi e ci sono le scie chimiche. Ecco, se ti vuoi un minimo di
bene, evita di coinvolgere queste persone. Sapendo che poi dovrai gestire le
loro lamentele per non averli coinvolti. Ma se diventerai bravo a non entrare
in discussione con loro su questo, e se accetterai come dato di fatto il loro
modo di essere, riuscirai a preservare il dono più prezioso che hai: la tua
energia vitale!
4. Non accettare (e valorizzare) i diversi ruoli
nel gruppo: come descrive in maniera eccellente Edward De Bono (il creatore del “pensiero laterale") in uno dei suoi libri più famosi “Sei cappelli
per pensare”, spesso siamo portati a voler affrontare i problemi o le
situazioni quotidiane sotto un unico punto di vista oppure attraverso un unico
approccio. Che è in genere quello che più ci appartiene. E andiamo quindi alla
ricerca di altre persone che abbiano in sé esattamente quell’approccio lì,
rifiutando (o addirittura criticando) chi invece adotta un approccio totalmente
diverso. Questo atteggiamento però limita di molto la possibilità di trovare
soluzioni ai problemi o di creare qualcosa di veramente unico e “sovversivo”.
Se ti circondi solo di persone che hanno il tuo stesso approccio alla vita, ne
uscirà sempre qualcosa di standard, di consueto e qualcosa che puoi benissimo
creare anche da solo. Se ti circondi di altri invece, e se vuoi far parte di un
gruppo, devi accettare che esistano (almeno) sei modi di pensare e di approcciare
alla vita. E che uno non deve escludere l’altro e che tutti insieme possono
creare qualcosa di veramente esplosivo e duraturo. Per semplificare molto il
concetto, e per prendere spunto dal metodo di Dilts (osservatore e studioso del
mondo Disney), potremmo dire che all’interno di un gruppo sovversivamente
vincente c’è bisogno del SOGNATORE (ossia di colui che spara alto senza filtri, e che
a volte spara anche “altro”, senza freni. Perché è dalla sua energia e ilarità
che si creano le migliori connessioni tra il gruppo e spesso le migliori
riflessioni); il CRITICO (che mette sotto il microscopio le “sparate” del
sognatore); e infine il REALISTA (che trova come realizzare concretamente le idee nel mondo
reale). Ciascuna persona che ha in sé uno o più di questi approcci è
indispensabile, e ciascuno deve vivere serenamente il proprio modo di essere all’interno
di un gruppo, sentendosi libero di esprimere la propria natura senza che
nessuno lo faccia sentire sbagliato o fuori luogo perché gli mancano invece le altre
caratteristiche.
5. Non curare i “momenti di mezzo”: le persone non
sono interruttori, che puoi accendere o spegnere a tuo piacimento. Se il tuo
desiderio è quello di avere attorno a te un team propositivo, collaborativo,
proattivo, allegro, che proponga, che condivida e che sia spunto continuo di
riflessioni, di confronti e di scambi, non puoi pretendere che lo si faccia
solo quando occorre a te o quando e come ne senti tu il bisogno. Devi accettare
(e anzi creare tu stesso) le condizioni per cui quelle persone vivano
quotidianamente così, che abbiano all’interno della giornata lavorativa
costantemente dei momenti di aggregazione, di condivisione e anche (perché no)
di sano “cazzeggio”. Non temere che quello sia tempo sprecato, perché magari li
ascolti parlare di cucina vegana o di concerti pop (mentre voi vi occupate di
metalmeccanica) : è tempo che loro stanno investendo nella creazione di un
legame e di una comunicazione solida e fluida che poi li porterà ad esprimere
tutto il loro potenziale, nel momento in cui quel legame e quella comunicazione
servirà per creare insieme qualcosa di funzionale e di utile all’azienda. In
altre parole, i campionati non si vincono solo in campo. Ma anche nello
spogliatoio. E, addirittura, grazie ai legami e alle esperienze che le persone
vivono e sperimentano fuori dallo spogliatoio.
Scrivendo questi 5 punti mi sono
resa conto io stessa che tante volte ho commesso (e forse continuo a
commettere) degli errori nei confronti di tante persone. Non rendendomi conto
che, ciascuno nella loro diversità, avrebbe potuto darmi tanto in termini di
supporto e di scambio arricchente. Se dovesse capitare anche a te, l’unica cosa
da fare è chiamare queste persone, chiedere scusa e ridarti una seconda
possibilità.
Ed è esattamente quello che farò
io appena metterò il punto esclamativo a quest’ultima frase!